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Pressione arteriosa e ictus: i fattori di rischio da curare secondo il dottor Giuseppe Berton

Nuova puntata dedicata al tema della prevenzione, assieme al dottor Giuseppe Berton, cardiologo e membro della commissione scientifica di Qdpnews.it, nonché fondatore e presidente dell’ABC (Adria, Bassano, Conegliano and Padova Hospitals) Study on Heart Disease Association-Foundation-ONLUS, con sede all’Ospedale de Gironcoli, a Conegliano.

Vicepresidente della Fondazione è la dottoressa Stefania Mastrosimone, nefrologa all’ospedale di Treviso, che si dedica principalmente alla dialisi peritoneale e trapianto renale.

Questa volta il medico ha approfondito il tema dell’ictus e dei fattori di rischio che conducono a questa malattia.

Come ha spiegato il dottor Berton, l’ictus è una malattia cardiovascolare “importante e severa”, dovuta nella gran parte dei casi “a un’occlusione acuta di un’arteria cerebrale o, meno di frequente, a una emorragia cerebrale”.

Per questo, alla malattia è stato dato il nome “ictus”, che significa “colpo”, mentre “stroke” è il termine associato alla patologia nel mondo anglosassone.

Tale occlusione si verifica rapidamente, con conseguente assenza di ossigeno in una porzione di cervello, che andrà in necrosi, diventando quindi una porzione cerebrale morta.

La causa di tutto ciò è sconosciuta, “come per la gran parte delle malattie cardiovascolari”, ha chiarito il cardiologo, ma esistono dei fattori di rischio che vanno curati e tenuti sotto osservazione, come ad esempio: obesità, mancanza di attività fisica, ipertensione arteriosa, alterazione dei livelli di colesterolo, qualità del sonno, stati infiammatori.

“Tanto meglio curiamo i fattori di rischio, tanto più riduciamo il rischio di questa malattia – ha evidenziato il medico – Esistono due tipi di ictus: uno è ischemico, ovvero l’arteria si chiude e il tessuto muore, e l’altro, meno frequente e più grave, è l’ictus emorragico, dove il vaso arterioso di rompe, esce il sangue, provocando un’emorragia al cervello”.

L’ictus generalmente si manifesta con afasia (la difficoltà di parola), difficoltà di movimento, paralisi della faccia e degli arti: tutti sintomi sulla base dei quali il medico fa la diagnosi.

“La rapidità dell’intervento terapeutico è importante, sia per ridurre la gravità del danno cerebrale, sia per l’efficacia della terapia – ha sottolineato il dottor Berton – L’ictus è la terza causa di morte nell’ambito delle malattie cardiovascolari in Occidente. Si tratta di una malattia di grande rilevanza, sia per il paziente, sia per l’impegno che richiede al sistema sanitario nazionale”. 

Alla luce di ciò, gli studi e le analisi della Fondazione fondata dal dottor Berton, sono indirizzati anche in questo senso, tanto che i risultati delle ricerche saranno presentati questo mese ad Amsterdam, al congresso organizzato dalla Società Europea di Cardiologia, dove il tema trattato dalla Fondazione sarà la relazione tra ictus, da un lato, con pressione e microalbuminuria dall’altro.

Insieme a Giuseppe Berton parteciperà anche Mattia Dario Ludovico, nuovo fellow-borsista della Fondazione, fresco dalla maturità con 100 e lode, conseguita al Liceo scientifico “Guglielmo Marconi” di Conegliano, diretta da Stefano Da Ros, e futuro studente di Medicina.

Mattia da gennaio collabora con la Fondazione, nell’ambito di una convenzione instaurata con lo stesso liceo, che ha anche realizzato incontri nella scuola in tema di malattie cardiovascolari, prevenzione e pronto soccorso.

“L’ipertensione arteriosa è associata a un elevato rischio di ictus e lo stesso vale per valori elevati di microalbuminuria, un indicatore di cattiva circolazione (che, in termini medici, si chiama disfunzione endoteliale) – ha chiarito il dottor Berton – La combinazione di questi fattori è indicatore rischio elevato”.

Ma come già illustrato dal medico, anche la posizione geografica in cui il paziente risiede, fa la sua parte: l’ictus risulta infatti più frequente a sud della regione, dove i pazienti post infartuati sono più soggetti al rischio di questa malattia.

Per questo conoscere e avere cura dei fattori di rischio è un’ottima via di prevenzione, che abbassa quindi la possibilità di insorgenza di tale patologia.

(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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