In questa occasione la Fondazione è stata invitata a presentare tre lavori di ricerca scientifica.
Il primo affronta la questione del cosiddetto “shock index”, ovvero un nuovo indicatore di gravità dell’infarto acuto di cuore, che tiene conto di tre parametri: la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca e, cosa di grande importanza, la funzione del rene. Quando l’indicatore è alterato, si accompagna a un aumento di rischio di mortalità globale a lungo termine. Questa analisi è stata condotta su 589 pazienti post infartuati, seguiti continuativamente per 24 anni.
Il secondo studio, derivante dall’analisi dello stato di salute di 535 pazienti post infartuati per 24 anni, mostra quanto la comparsa di ictus dopo un infarto nel lungo periodo dipenda da alcuni fattori, ovvero dall’età, dalla fibrillazione atriale, dalla funzione renale e dai livelli di microalbuminuria.Questo studio ha inoltre mostrato che il rischio di comparsa di ictus dipende anche dalle differenze territoriali (la Fondazione ha confrontato tra loro le aree di Conegliano, Bassano del Grappa, Rovigo e Adria): da ciò emerge che c’è più probabilità di contrarre la malattia nelle aree urbane e nel sud della regione.
“Sussiste un rischio variato in Veneto”, quindi, e tale elemento deve essere tenuto in considerazione anche in un’ottica di prevenzione, dal momento che “il rischio di ictus tende a cambiare da zona a zona”.
Il terzo studio, infine, indaga il legame tra cuore e psicologia: la Fondazione ha preso in esame un campione di pazienti ambulatoriali, suddivisi in due gruppi. Uno presentava una fluttuazione dello stato emotivo personale (diciamo instabilità emotiva), l’altro invece no (gruppo di controllo). Le persone che presentano dell’instabilità emotiva, mostrano un chiaro aumento della pressione arteriosa massima e anche della frequenza cardiaca (il battito del cuore).
Questo nuovo lavoro, che mette in relazione aspetti psicologici e alterazioni cardiovascolari, ha suscitato particolare interesse con numerose domande e anche proposte collaborative da Paesi esteri.
Come ha affermato il dottor Berton, “questi risultati sono dovuti non solo all’impegno filantropico dell’ABC-Foundation, ma anche al supporto dato da molti anni dalla Regione Veneto e dal Dipartimento di Prevenzione dell’Ulss2 di Treviso”.
(Autore: Arianna Ceschin)
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